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						erva di Dio Edvige Carboni
					
				
			
					
						1880-1952
					
				
			
					
						Nasce in Sardegna a Pozzomaggiore,
					
				
			
					
						nel 1880 e muore a Roma nel 1952 in concetto
					
				
			
					
						di santità. Rimase sempre laica e visse con la
					
				
			
					
						sorella Paolina per lunghi anni.
					
				
			
					
						Tra le traversie delle due guerre
					
				
			
					
						mondiali, dalla Sardegna a Roma, la sua vita
					
				
			
					
						fu tutta modestia e silenzio, tutta ordinaria 
					
				
			
					
						e tutta quotidiana
						, come scrive il biografo
					
				
			
					
						Ernesto Madau. Ricevette il dono delle 
					
				
			
					
						stimmate e numerose grazie mistiche tra cui
					
				
			
					
						quella di vedere e parlare col Signore, la
					
				
			
					
						Madonna, gli Angeli e i Santi. Nutrì sempre
					
				
			
					
						una fortissima devozione per l’Eucarestia, per
					
				
			
					
						la Madonna e le anime del Purgatorio che spesso
					
				
			
					
						venivano a visitarla per chiederle preghiere.
					
				
			
					
						Grande mistica, leggeva nei cuori,
					
				
			
					
						prevedeva eventi futuri, si sollevava in estasi
					
				
			
					
						dalla sedia su cui stava inginocchiata, sudava
					
				
			
					
						spesso sangue dalla fronte, la farina che
					
				
			
					
						regalava per il pane fruttava il doppio, otte-
					
				
			
					
						neva la grazia della pioggia. Con la preghiera
					
				
			
					
						riportò in vita un ragazzo rimasto ucciso dal
					
				
			
					
						calcio della sua cavalla. 
					
				
			
					
						Nel suo 
						Diario 
						troviamo questi
					
				
			
					
						appunti che risalgono al 1938 in cui si vede
					
				
			
					
						come gli Angeli l’assistevano continuamente:
					
				
			
					
						« Pregavo il buon Gesù; d’un tratto mi si 
					
				
			
					
						presentò un Angelo che mi ferì il cuore.
					
				
			
					
						Detta ferita la sento tutt’ ora; è una ferita
					
				
			
					
						che mi fa bruciare d’amore per Gesù … Una
					
				
			
					
						sera, mentre pregavo, un Angelo mi prese il
					
				
			
					
						cuore; sentii un gran dolore, ed io dicevo:
					
				
			
					
						Gesù t’amo, sebbene mi veda nemica agli
					
				
			
					
						occhi tuoi: scacciami quanto vuoi, sempre 
					
				
			
					
						ti seguirò».
					
				
			
					
						Edvige aveva un contatto continuo
					
				
			
					
						anche con il suo Angelo custode che come
					
				
			
					
						testimonia il suo direttore spirituale, l’aiutava
					
				
			
					
						perfino a disbrigare le faccende domestiche
					
				
			
					
						come il rifare il letto della sorella Paolina
					
				
			
					
						mentre lei era ammalata. 
					
				
			
					
						Il 25 maggio del 1941 scriveva nel
					
				
			
					
						suo 
						Diario
						: «Mentre pregavo davanti al 
					
				
			
					
						Ss. mo Sacramento, d’un tratto fui rapita dai
					
				
			
					
						sensi: vidi Gesù in croce, grondante sangue
					
				
			
					
						da ogni piaga; il sangue scendeva a rivi che
					
				
			
					
						bagnavano il pavimento. Vidi degli Angeli,
					
				
			
					
						con calici d’oro in mano, mettere vicino alle
					
				
			
					
						piaghe (il calice); in un momento il calice
					
				
			
					
						(era) ripieno. Si appartava uno e veniva
					
				
			
					
						l’altro con un nuovo calice; parte del sangue
					
				
			
					
						andava perduto. Gesù piangeva.“Perché
					
				
			
					
						piangi?”, domandai. “Figlia, piango perché
					
				
			
					
						tanto del mio sangue, che io sparsi nella
					
				
			
					
						dolorosa Passione, vedo che va perduto
					
				
			
					
						senza profitto”. … Una notte, mentre pregavo,
					
				
			
					
						mi si presentò un Angelo con una corona 
					
				
			
					
						in mano, di spine; me la mise in testa ed io
					
				
			
					
						sentii un grande dolore, perché questa mi
					
				
			
					
						trafisse tutta la testa tanto che per parecchi
					
				
			
					
						giorni, un occhio non lo potevo più aprire,
					
				
			
					
						perché era diventato rosso e, dentro, mi
					
				
			
					
						sembrava che ci fosse una spina».