Santa Perpetua Martire
ubì il martirio a Cartagine nel 203,
durante la persecuzione di Settimo
Severo. Da questa madre e martire veniamo
a conoscenza della fede dei primi cristiani
nel Purgatorio e del valore della preghiera
per i defunti. Perpetua, che aveva ventidue
anni, venne imprigionata insieme con
Felicita, Revocato, Saturo e Saturnino.
Nell’attesa di venire uccisa in odio alla fede,
Perpetua fece un racconto di quanto le
accaddeva in carcere: «Pochi giorni dopo
la sentenza della nostra condanna a
morte, mentre tutti stavano pregando,
improvvisamente nel bel mezzo della
preghiera mi uscì un grido ed io chiamai:
Dinocrate. Restai sorpresa perchè io non
lo avevo nominato prima, ma solo in
questo istante, e pensai piena di tristezza
alla sua sorte. Compresi anche che dovevo
pregare per lui e subito incominciai a
pregare e supplicare il Signore per lui. Io
vedevo Dinocrate uscir fuori da un luogo
buio – durante la notte in visione – dove
c’erano tante persone aride e assetate
con i vestiti sporchi e pallidissimi, con una
ferita sul volto, come egli aveva quando
morì. Dinocrate era un mio fratello, che
morì a sette anni sfinito da un cancro al
volto, per cui la sua morte fu uno spavento
per tutti. Io avevo pregato per questo mio
fratello defunto, e fra me e lui c’era un
grande spazio cosicchè non ci potevamo
incontrare. Lontano dal luogo dove si
trovava Dinocrate, c’era un bacino pieno
di acqua, il cui orlo però era molto più
alto di dove poteva arrivare lui, ed egli
cercava di allungarsi come se cercasse di
bere. Io ero triste, perchè quel bacino era
pieno di acqua, ma lui a causa dell’altezza
di questo bacino non poteva bere. In quel
momento mi svegliai e sentii dentro di me
che mio fratello soffriva; io però sentivo
che potevo venirgli incontro durante i giorni
che noi saremmo rimasti in carcere; perchè
ai giochi avremmo dovuto combattere contro
le fiere; era infatti allora il compleanno
dell’Imperatore Geta. Ed io pregai notte
e giorno con sospiri e lacrime perchè egli
mi venisse donato.»
Nel giorno in cui noi rimanemmo
legati, in carcere, ebbi poi la seguente
visione: «Vidi il luogo visto prima, e que-
sta volta Dinocrate con il corpo lavato,
ben vestito, che si divertiva; dove c’era
stata la ferita vidi una cicatrice, e l’orlo di
quel bacino era più basso e arrivava ora
solo fino all’ombelico del fanciullo, egli
attingeva senza posa da quel bacino.
Sopra l’orlo c’era anche una coppa d’oro
piena di acqua; Dinocrate si avvicinò e
incominciò a bere dalla coppa d’oro, e
questa non si svuotava; dopo che egli
ebbe bevuto abbastanza di quell’acqua
prese a giocare tutto contento come
fanno i bambini. In quel momento mi
svegliai e compresi che Dinocrate era
stato liberato dalla sua pena».
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