Santa Caterina da Genova
rosegue il celebre «Trattato del
Purgatorio» di Santa Caterina da
Genova:
del libero arbitrio non è più convertibile,
ma sta fermata in quello, in ch’ella si trova
al punto della morte. Quelli dell’Inferno,
per esser trovati al punto della morte
colla volontà di peccare, hanno con seco
la colpa infinitamente, e la pena. Non però
tanta quanta meritano, ma pur quella
che hanno è senza fine. Ma quelli del
Purgatorio han solamente la pena,
perciocché la colpa fu cancellata nel
punto della morte, essendo stati essi
trovati malcontenti e pentiti de’ lor peccati.
E così essa pena è finita, e va sempre
mancando, quanto al tempo, com’è
detto. Oh miseria sopra ogni miseria!
E tanto più quanto non è considerata
dall’umana cecità.
«7. E perché l’anime, che sono nel
Purgatorio, sono senza colpa di peccato,
perciò non hanno impedimento tra Dio e
loro, se non quella pena, la quale le ha
ritardate, sicché l’istinto non ha potuto
aver la sua perfezione. Così veggendo esse
per certezza quanto importi ogni minimo
impedimento, ed esser per necessità di
giustizia ritardato esso istinto, quindi
nasce in loro un estremo fuoco, simile a
quello dell’Inferno, se si eccettui la colpa,
la qual’è quella che fa la volontà maligna
a’ dannati dell’Inferno, a’ quali Dio non
corrisponde colla sua bontà. E perciò essi
restano in quella disperata maligna
volontà contra la volontà di Dio.
9. La pena de’ dannati non è già
infinita in quantità, imperciocché la dolce
bontà di Dio spande il raggio della sua
misericordia ancora nell’ Inferno. Perché
l’uomo, morto in peccato mortale, merita
pena infinita, e tempo infinito di essa
pena. Ma la misericordia di Dio ha fatto
solo il tempo della pena infinito, e la
pena terminata in quantità: imperciocché
giustamente gli avrebbe potuto dar
molto maggior pena che non gli ha dato.
Oh quanto è pericoloso il peccato fatto
con malizia! Perché l’uomo con difficoltà
se ne pente; e non pentendosi esso, sempre
sta la colpa; la quale tanto persevera,
quanto l’uomo sta nella volontà del peccato
commesso, o di commetterlo».
8. Quindi vedesi esser manifesto,
che la perversa volontà contra la volontà
di Dio è quella che fa la colpa e, perseve-
rando la mala volontà, persevera la colpa.
E, per esser quelli dell’Inferno passati da
questa vita colla mala volontà, la loro
colpa non è rimessa, né si può rimettere;
perché più non si possono mutare di
volontà, poiché con quella son passati da
questa vita. Nel qual passo si stabilisce
l’anima in bene o in male, come si trova
colla volontà deliberata; siccom’ è scritto:
Ubi te invenero , cioè, nell’ora della morte,
con qual volontà, o di peccare o malcon-
tento e pentito del peccato, ibi te iudicabo .
Al qual giudizio non è poi remissione,
imperciocché, dopo la morte, la libertà
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