Venerabile Margherita Occhiena
argherita Occhiena, madre di
San Giovani Bosco, apparve al
figlio dopo la morte. Nell’agosto del
1860 il Santo la vide poco lontano dal
Santuario della Consolata a Torino, come
raccontò: «Ma come! Voi qui? — le disse
— non siete morta?». «Sono morta, ma vivo»
rispose Margherita. — «E siete felice?»
— «Felicissima!». Le chiesi, fra l’altro, se
dopo morte fosse entrata subito in
Paradiso. Margherita rispose di no. Le
chiesi anche se Luigi Comollo, Domenico
Savio e altri pii giovanetti godessero
già del premio celeste. Lei rispose di sì.
Infine la pregai di darmi un saggio della
sua felicità, di farmene assaporare una stilla.
Margherita allora apparve tutta risplen-
dente, ornata di una veste ricchissima,
con un aspetto di maestà meravigliosa
e circondata da un coro di Angeli. Ella
si mise a cantare. Il suo canto d’amore a
Dio di una dolcezza inesprimibile andava
diritto al cuore, lo riempiva e lo traspor-
tava. Sembrava l’armonia di mille voci
che dai bassi più profondi salivano agli
acuti più alti, con una varietà di toni e
differenze di modulazioni, a vibrazioni
più o meno forti e talora impercettibili,
combinate con tanta arte, con tanta
delicatezza e accordo che formavano
un’armonia indicibile.
Il Santo, a quella melodia di
Paradiso, restò così estatico che gli parve
essere fuori dai sensi e non seppe più
cosa dire a sua madre, la quale, prima
di scomparire, gli disse: «Ti aspetto in
Paradiso!».
Margherita Occhiena nacque il 1°
aprile 1788 a Capriglio (Asti), e il giorno
stesso viene battezzata nella chiesa
parrocchiale. Rimane al paese fino al
matrimonio, celebrato qui con Francesco
Bosco; poi passò ai Becchi. Alla prematura
morte del marito, la ventinovenne
Margherita si trovò ad affrontare da sola
la conduzione della famiglia in un
momento di grande carestia, a educare i
figli Giuseppe e Giovanni. Donna forte,
dalle idee chiare, determinata nelle
scelte, con un regime di vita sobrio,
nell’educazione cristiana era severa,
dolce e ragionevole. Costretta a fare
scelte talvolta drammatiche (come l’al-
lontanamento da casa del figlio minore
per non rompere la pace e per farlo
studiare), assecondò con fede, saggezza e
coraggio le propensioni dei figli aiutandoli
a crescere nella generosità e nella intra-
prendenza. Accompagnò con particolare
amore Giovanni fino al sacerdozio e poi,
lasciando la casetta del Colle, lo seguì
nella sua missione tra i giovani poveri e
abbandonati di Torino. Qui per dieci
anni, la sua vita si confuse con quella del
figlio e con gli inizi dell’Opera salesiana:
era la prima e principale Cooperatrice di
don Bosco; con bontà fattiva diventa
l’elemento materno del sistema preventi-
vo; era, senza saperlo, “cofondatrice”
della Famiglia salesiana. Illetterata, ma
piena di quella sapienza che viene
dall’alto, fu l’aiuto per tanti poveri
ragazzi della strada, figli di nessuno. Mise
Dio al primo posto, consumandosi per
Lui in una vita di povertà, di preghiera
e di sacrificio. Morì a 68 anni, a Torino,
il 25 novembre.
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