Beato Domenico Lentini
el 1857 un terribile terremoto
distrusse molti paesi della Campania
e della Basilicata, provocando morti e
feriti. Un operaio, per conto dei suoi
compagni di lavoro, si mise in viaggio
verso Latronico per accertarsi dei danni
subiti. Mentre viaggiava alla volta del
paese, gli venne incontro un sacerdote,
con una fascia di cuoio lucido ai fianchi
e con un Rosario tra le mani. Il sacerdote
lo salutò e dopo averlo osservato gli
disse: «Mi riconosci?». L’operaio cercò
di ricordare se lo aveva già incontrato,
ma non lo riconobbe e gli ripose di no.
Allora, il presbitero gli disse che eppure
lo aveva conosciuto di persona molto
tempo fa. Chiese poi all’operaio dove si
stava dirigendo e avuta la risposta lo
rassicurò dicendogli che a Latronico il
terremoto non aveva prodotto danni. Il
sacerdote continuò a parlare spiegandogli
quanto male fanno gli operai a lavorare
nei giorni di festa e lo invitò a non seguire
gli altri su questa strada. Quindi gli dette
alcuni consigli e all’improvviso scomparve.
L’operaio rimase stupito e cominciò a
ripercorrere con la mente quanto era
avvenuto negli ultimi minuti e improvvi-
samente si ricordò che effettivamente una
trentina di anni prima aveva incontrato
il Beato Domenico Lentini e che come
vetturale lo aveva trasportato dopo la
Quaresima predicata a Latronico.
Il Beato Domenico Lentini nacque
nella città di Lauria, il 20 novembre 1770
da Macario e Rosalia Vitarella, di povere
condizioni economiche. A 14 anni scelse
di seguire la vocazione al sacerdozio. L’8
giugno 1794 venne ordinato sacerdote.
Infiammato dallo Spirito Santo, veniva
chiamato dai contemporanei «un angelo
all’altare», anche a causa delle frequenti
estasi. Il Beato si dedicò con tutte le sue
forze alla Confessione, evangelizzazione,
predicazione e catechesi non solo a Lauria,
ma anche nei paesi, del circondario.
Nutriva un tenera devozione a Gesù
Cristo Crocifisso e l’Addolorata. Aveva
una profonda cultura, che metteva a
disposizione di tutti. Per trenta anni
ragazzi e giovani affollarono la sua povera
casa in una vera e propria scuola cattolica.
Insegnò gratuitamente lettere e scienze,
osservando una strettissima povertà
volontaria. Nei bisognosi scorgeva Cristo
e per questo donava quanto possedeva:
vestiti, pane e il poco denaro. Viveva in
continua penitenza: cibi frugali, mortifi-
cazioni corporali, vesti logore, cilizi e
flagellazioni, pochissimo sonno e il
pavimento per giaciglio. Aveva il dono
della profezia, della scrutazione dei cuori,
dei miracoli. Morì il 25 febbraio 1828, dopo
un’agonia vissuta nel completo abbandono
mistico. Il suo corpo, martoriato da flagelli
e digiuni, per tutto il tempo dei funerali
durati sette giorni rimase flessibile e
caldo, effondendo sangue vivo e soave
odore. Si aprirono i suoi occhi davanti
all’Ostia, di fronte ai suoi parenti ed
amici, e ai miscredenti.
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